Provocare stanca
Nasce Nemesi, l'altra faccia del Nemico. È tempo di abbandonare il gioco della provocazione e il facile cattivismo, e cominciare a fare ordine. Il primo numero uscirà il 9 giugno.
Chi è il Nemico? Un’operazione di trollaggio per molti dei suoi detrattori, una cospirazione per altri, appassionati di strane teorie del complotto, per tutti una rivista difficile da inquadrare, lacerata dalle sue contraddizioni. Quando abbiamo dato vita a questa costola periodica di Gog non ci interessava collocarci in un emisfero preciso della geografia culturale, per rifilare la nostra merce ideologica a un pubblico di riferimento, a cui giurare eterna fedeltà. Più interessante invece ci sembrava, attraverso un gioco ahinoi provocatorio – che brutta parola, sarebbe meglio dire dadaista – di smottamenti semantici, di ricodificazione di autori, libri e concetti, dimostrare una sola cosa: che le idee non sono monopolio di certi ambienti, con i loro confini nazionalizzati da ducetti, editori, editor, curatori, redattori, che gli fanno il tagliando prima che il pubblico possa farne buon uso. Non abbiamo una considerazione così bassa del pubblico. Il Nemico è innanzitutto il nemico degli ambienti culturali, gruppi di persone che hanno autori, spazi, idee, bandiere di riferimento, che insieme formano più o meno grandi corporazioni di interessi, macchine burocratiche che si occupano principalmente della manutenzione dei segni da vendere al proprio target, da cui sono tenute in ostaggio. Noi crediamo che la cultura, a differenza della politica, che allestisce delle illusioni, sia una forma perenne di delusione, non una potenza, ma ciò che destituisce l’operare delle potenze dentro di noi, ciò che ci sottrae dal gioco delle forze dominanti, tra cui anche gli ambienti, le cui riviste fungono da tornelli culturali, che elargiscono pass di entrata e di uscita dalla ragione e dal torto, con le loro liste di proscrizione editoriali, di libri da leggere e da condannare, che inevitabilmente neutralizzano qualsiasi verità. Questa “mission" del Nemico, quella di smantellare le zone comfort del pensiero, gli starterpack ideologici, i cuscinetti e gli ammortizzatori concettuali con cui si pacificano le contraddizioni quotidiane di ognuno, come era prevedibile fin dall’inizio, non poteva che crearci l’odio di molti ambienti e di quei lettori che fin troppe volte sono stati chiamati a rinserrare i ranghi, ricomporre le righe e mettersi sull’attenti. Perché il pubblico culturale, o almeno quello che ne rimane, decimato proprio dall'asfissia di certi ambienti più impegnati a garantire la propria sopravvivenza che non quella dei loro scopi, deve rivolgersi solo ai suddetti per rifornirsi degli strumenti di interpretazione del mondo.
Ma a un anno dalla nascita di questo progetto ci sembra che tutto sommato stia funzionando. Il Nemico vi ha fatto incazzare, indignare, godere, vi ha entusiasmato e poi deluso, vi ha stufato, vi ha fatto litigare con qualcuno, per un like di troppo, messo male, per una ricondivisione inaspettata: ma come, anche tu, fratell*? Non sai che loro non sono dei nostri? È questa la critica che a cadenza regolare ci viene rivolta, prima ancora di entrare nel merito di un contenuto di cui a noi per primi importa molto meno la sostanza dell’effetto: quello di sbilanciare una posizione, delegittimare un’opinione che gode di troppa fama per coincidere con la verità, o un’intellettuale a cui si conferisce troppo spazio perché non sia sotto il ricatto di qualcosa o qualcuno, che sia anche di se stesso o della propria mitomania. Si tratta di far vedere il retro di un’idea alla moda o portarla alle sue estreme, grottesche conseguenze. Obbiettivo non è spostare il consenso culturale verso altre forze, ma debilitare le forze che ce l’hanno e che, in quanto forze, ne abusano – quindi disperderlo.
Per i più ortodossi vuol dire non avere una coscienza politica, laddove la politica è solo travaso del consenso. E questo è vero. Fare critica culturale equivale a sospendere, nei limiti del possibile, i nostri ricettori e trasmettitori politici. E quest’azione, pur non essendo attivamente politica, è ciò che precede e quindi istituisce il campo stesso della politica, è il prerequisito della sua esistenza. Poiché la cultura (quanto più possibile liberata dagli ambientini, da idoli e tabù, bisparole e automatismi) dimostrando costantemente l’insufficienza delle forze politiche, erodendo i presupposti del loro consenso, le costringe a rinnovare la loro offerta – con temi, argomenti e rappresentanti nuovi – invece di contraffare idee scadute, che la realtà ha già sconfessato.
Per un anno intero abbiamo cercato di svolgere questo compito, utilizzando gli strumenti spesso inopportuni – in un mondo che si prende così sul serio – della provocazione, della satira, del détournement, anche a costo di passare per bastiancontrari. Adesso però è tempo di andare oltre. Superata una certa età, e già a trent’anni abbiamo sforato di gran lunga il periodo di tolleranza della giovinezza, bisogna accantonare il gioco della provocazione, o comunque renderlo ancillare a un discorso più maturo, malgrado sia una delle attività editoriali più divertenti in quanto una delle più ostracizzate in Italia, dove la rivoluzione è impossibile perché ci siamo fatti tutti le prefazioni a vicenda. Per questo abbiamo pensato a una exit strategy, uno spazio dove disertare le logiche polarizzanti del dibattito culturale tra gli ambientini in lotta per l’egemonia, i pro e i contro, quelli del sì e quelli del no, e rompere così la campana di vetro dell’attualità in cui siamo costretti a rincorrere il tema del momento, dettato dalle minoranze rumorose che occupano le centrali di diffusione del consenso: una newsletter sotto forma di pdf da stampare e conservare. Si chiamerà Nemesi e sarà l’alteregozine del Nemico, quindi il nemico principalmente di se stesso. Nemesi era infatti la Dea che puniva la hybris di chi, eccedendo la misura, turbava l'ordine dell'universo. Basterebbe questo a descrivere ciò che ci proponiamo di fare con questa newsletter. Nemesi proverà, ogni due settimane, a rimettere al loro giusto posto i fenomeni e i Fenomeni del momento, gli eroi nazionali, i miti e le iniziative più pompose ed efferate, a indagare i trend del futuro e le nuove geometrie del potere culturale e mediatico, per avere finalmente un orizzonte il più possibile pulito. Questa igiene sulla visuale del mondo che ci appare, questa delegittimazione culturale, è un’operazione necessaria per abilitare il coraggio della scelta, e la consapevolezza del coraggio. Non ci sono mezzucci per stabilire il proprio *ubi consistam*. Però c’è un mezzo per appianare le false collinette dei potentati, abbassare i piedistalli di cartapesta e risollevare i derelitti dai burroni in cui vengono precipitati dal gregge. Ripristinare un terreno stabile. Questo era il ruolo della Dea Nemesi, questo è il nostro ruolo.
I numeri vi saranno recapitati per mail, ogni quindici giorni, sotto forma di abbonamento, per 5 euro al mese. Saranno brevi, tematici, verticali, piccole inchieste filosofiche e psicosociali, geopolitiche e territoriali. Pagheremo i collaboratori, perché vogliamo offrire un prodotto di qualità, e il denaro ad oggi è effettivamente il miglior arbitro che siamo riusciti a inventare (parleremo anche di questo). I temi dipenderanno delle urgenze del secolo, mai del momento. Nell’èra delle storie instagram che durano 24 ore, quindi della quotidiana e volontaria obliterazione del passato, cercheremo di tessere un filo tra gli eventi. Parleremo del nostro smarrimento geopolitico, dell’apparente abbandono del nostro tutore secolare e di come ci si ricostruisce una famiglia a 70 anni. Parleremo spesso di Cina, cercando affinità e divergenze tra il nostro sistema di pensiero e il nuovo protagonista silenzioso della politica internazionale.
Se per un anno ti sei sentito trollato, offeso, deluso, ma sei ancora qui, a leggere queste righe e i commenti di chi si è sentito più incazzato, trollato e deluso di te, allora è un buon momento per abbonarsi a Nemesi. Abbiamo provato a scompaginare il dibattito per un anno. Ora è il momento di fare ordine. Ci divertiremo lo stesso. Grazie della fiducia.